“Heroes”, secondo atto della “trilogia berlinese” per David Bowie

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“Heroes”, secondo atto della “trilogia berlinese” per David Bowie

Manuel M Buccarella

Il 14 ottobre 1977 la RCA pubblica Heroes, dodicesimo album in studio per David Bowie. Si tratta del secondo lavoro nell’ambito della cosiddetta “trilogia berlinese”, dopo “Low” e prima di “Lodger “. Dei tre album, fu l’unico interamente registrato a Berlino. Gran parte dei musicisti che parteciparono a “Low” compaiono nel nuovo disco, con la preziosa aggiunta di Robert Fripp, chitarrista dei King Crimson.

L’album è decisamente bello, riuscito, apprezzato anche da John Lennon, lascia molto spazio alla sperimentazione, soprattutto nel secondo lato, forte anche delle richiamate influenze tedesche. Oltre alla title track, bellissimi sono brani come “Sons of the Silente Age”, “Sense of Doubt”, interamente strumentale, con le note basse del piano dark ma con la tastiera che con il suo suono aperto e solare offre all’ascoltatore spiragli di speranza e spirituale godimento, in ossequio all’approccio più ottimista che ispira l’intero album. Bowie paga anche in questo lavoro tributo alle influenze Krautrock: il titolo dell’album è un riferimento alla traccia “Hero” presente sull’album “Neu! ’75” del gruppo tedesco Neu!, mentre “V-2 Schneider” è ispirata al membro dei Kraftwerk Florian Schneider. All’inizio del 1977 anche i Kraftwerk avevano citato Bowie nella title track del loro album “Trans-Europe Express”. Sebbene “Heroes” includa i brani strumentali dall’atmosfera dark come “Sense of Doubt” e “Neuköln”, il disco fu considerato come una dichiarazione artistica più positiva ed appassionata. Ciò è evidente non solo in “Heroes” e nel rock d’apertura “Beauty and the Beast” ma anche in “Joe the Lion” e nella bellissima “The Secret Life of Arabia”.

Accoglienza della critica

 “Heroes” ha ricevuto elogi duraturi, in particolare la critica ha apprezzato i contributi di Fripp alla chitarra e la collocazione dell’album all’interno dello sviluppo artistico a lungo termine di Bowie.  Sebbene la critica abbia avuto la tendenza a considerare “Low” come il disco più rivoluzionario, “Heroes” è comunque considerato tra le opere migliori e più influenti di Bowie.  La title track, inizialmente senza successo come singolo, è rimasta una delle canzoni più famose e acclamate di Bowie. 

La storia dell’album

Per l’album, Bowie, Visconti ed Eno si sono riuniti all’Hansa Studio 2 a Berlino Ovest.  Sebbene l’album fosse il secondo capitolo della Trilogia berlinese di Bowie, fu l’unico registrato interamente a Berlino.Lo studio era un’ex sala da concerto trasformata in uno studio di registrazione, che era stato utilizzato dagli ufficiali della Gestapo durante la seconda guerra mondiale come sala da ballo. Lo studio si trovava a circa 500 metri dal Muro di Berlino, cosa che ha portato Bowie a descriverlo come “la sala vicino al muro”. Visconti ha ricordato: “Ogni pomeriggio mi sedevo alla scrivania e vedevo tre guardie rosse russe che ci guardavano con un binocolo, con i loro fucili Sten sulle spalle, e il  filo spinato, e sapevo che c’erano delle mine sepolte in quel muro, e quell’atmosfera era così provocante e così stimolante e così spaventosa che la band suonava con tanta energia». Bowie suonava il piano, avendo acquisito molta più esperienza nel suonare lo strumento durante il suo periodo con Iggy Pop.  

La foto di copertina è del fotografo giapponese Masayoshi Sukita, ispirata ai lavori dell’artista tedesco Erich Heckel, in particolare all’opera Roquairol, che servì da modello anche per la copertina dell’album “The Idiot” di Iggy Pop, a cui Bowie collaborò e che fu pubblicato lo stesso anno di “Heroes” .

Ecco a voi “Heroes”!

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