“Percoco – Il primo mostro d’Italia”.

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“Percoco – Il primo mostro d’Italia”.

Manuel M Buccarella

Sono andato a vedere al cinema il film “Percoco – Il primo mostro d’Italia”, mosso soprattutto dalla curiosità di assistere ad un film che rappresenta una storia vera di cronaca nera, un triplice omicidio del 1956 avvenuto a Bari, caso di scuola ospitato dal testo di Medicina legale e delle assicurazioni adottato dall’università di Bologna di trent’anni fa e da me studiato, caso di scuola della criminologia e della psichiatria forense italiana.

Confesso di aver avuto difficoltà a trovare chi mi accompagnasse nella visione, a causa della ritrosia di molti nel confrontarsi con la sofferenza e con un tema di cronaca nera. Invece il film, vietato solo ai minori di 14 anni, non ha nulla di spaventoso e non è un thriller nel senso tecnico del termine. Si tratta invece di un film talvolta lento ma comunque espresso in modo realistico, ove il protagonista, il giovane studente universitario barese Franco Percoco, il mostro”, è interpretato magistralmente dall’attore Gianluca Vicari, giunto a 33 anni ad interpretare un ruolo da protagonista in una pellicola di cartello come questa. L’attore è bravissimo nell’interpretare la parte di un ragazzo della piccola borghesia barese (figlio di un ispettore delle ferrovie in pensione e di una casalinga) con le sue turbe. L’uccisione con un coltellaccio dei genitori e del fratello minore disabile, abbandonati dopo il plurimo omicidio nella stanza da letto matrimoniale (nel talamo i corpi dei genitori, in un armadio il fratello) fa assaporare al giovane omicida una vita sospesa tra il falso ed il reale. Franco finalmente dispone di somme significative per gustare la vita che vorrebbe, una vita agiata ed all’insegna della frequentazione di locali e ristoranti costosi, quelli della “Bari bene”, che non poteva frequentare prima, dei migliori bordelli (non c’era ancora la “legge Merlin “).

Nella mente di Percoco, secondo figlio (il primo, Vittorio, è in carcere), l’eliminazione dei genitori e del fratello minore disabile appare come l’unico mezzo per recidere quei vincoli opprimenti e diventati insopportabili, quelli che lo costringono ad essere il figlio modello verso cui i genitori investono le proprie aspettative, non potendo farlo con Vittorio e con il terzo figlio. Emblematica in tal senso la lettera dal carcere che Vittorio indirizza ai genitori, già morti, e che Franco legge, nella quale il fratello maggiore invita i genitori a non “stressare” troppo Claudio, a concedergli una vita più ordinaria, compresa la possibilità di avere e sopportare alcuni inevitabili fallimenti.

E così, mentre i cadaveri dei consanguinei trascorrono dieci giorni nella stanza da letto rigorosamente chiusa a chiave, il “mostro” fa una vita apparentemente regolare, organizza incontri con la propria fidanzata e con l’amico e la sua fidanzata. Il triplice omicidio verrà scoperto a causa del puzzo proveniente dai corpi in putrefazione.

A firma di Pierluigi Ferrandini e prodotto da Altre Storie con Rai Cinema, il film è tratto dal romanzo omonimo di Marcello Introna. Nel cast Giuseppe Scoditti, Rebecca Metcalf, Federica Pagliaroli, Laura Gigante, Francesca Antonaci, Fabrizio Traversa, Antonio Monsellato, Pinuccio Sinisi, Raffaele Braia, Pietro Naglieri con le partecipazione straordinarie di Chiara Scelsi Elena Cantarone e Michele Mirabella.

“Di fondamentale importanza, per sviluppare i vari aspetti del mio film, pur rimanendo rigorosamente nel ‘realmente accaduto’, è stato l’accesso a tutto il materiale giudiziario e investigativo custodito presso l’Archivio di Stato a Bari – ha dichiarato il regista ad Ansa – Il protagonista ha un alibi plausibile – la vacanza della famiglia alle terme di Montecatini come avveniva ogni anno; una casa libera con una stanza inaccessibile; un’insolita e notevole quantità di denaro che consentirà a Franco di vivere, anche se per poco, la vita che desidera”.

Da sottolineare la sapiente scelta dei costumi del tempo.

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