12 ANNI DALLA MORTE DEL COLONNELLO GHEDDAFI.

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12 ANNI DALLA MORTE DEL COLONNELLO  GHEDDAFI.

Piergiorgio Buccarella

Esattamente 12 anni fa, il 20 ottobre 2011, nella fase finale della lunga e sanguinosa Battaglia di Sirte, ultimo importante scontro della guerra civile libica,avvenuto nella sua città natale, il convoglio diretto verso il deserto del leader libico e dei suoi fedelissimi,incluso il figlio Mutassim, giustiziato anche lui,venne colpito da raid aerei francesi.

La sua posizione fu fornita dalla NATO alle bande di ribelli dell’opposizione, tra cui numerosi tagliagole islamisti e jihadisti, che dopo un breve scontro a fuoco catturarono, torturarono e stuprarono il Rais, finendolo con due colpi di pistola. Un crimine di guerra in piena regola, ovviamente non punito ed anzi accolto con gioia dalle varie cancellerie occidentali, USA in primis.

Gli esiti di quella guerra criminale di aggressione, inizialmente teoricamente giustificata dalla Risoluzione 1973 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, che prevedeva una no fly zone sul paese e “l’impegno” a proteggere la popolazione civile libica, ma non campagne di pesanti bombardamenti solo su una una delle due parti in conflitto, volte ad ampliare la guerra ed a sostenere militarmente il rovesciamento del legittimo leader libico Gheddafi , sono ora noti a tutti: la Libia è ora un Far West con due governi rivali che si confrontano da ormai quasi 10 anni, milizie politiche de facto organizzazioni criminali con piena libertà di azione ed aventi nelle mani tutti i redditizi traffici illeciti della zona, ritorno dello schiavismo, terrorismo islamico di matrice jihadista, crollo totale dell’economia, dell’indice di sviluppo umano, povertà estrema onnipresente ed i preziosi prodotti del sottosuolo libico, petrolio in primis ma anche acqua, nelle mani delle grandi multinazionali predatorie occidentali, che tra l’altro affidano alle stesse milizie appena menzionate la sicurezza di questi impianti. Uno scenario tetro le cui prime vittime sono gli stessi cittadini libici, che infatti già da tempo manifestano una certa nostalgia per il vecchio regime, testimoniata inoltre dall’estrema popolarità nel paese di Saif Al Islam, secondogenito del Rais catturato nel 2011 al confine con il Niger, incarcerato nella cittadina di Zintan, in Tripolitania, quindi “protetto” nel corso degli anni dai suoi carcerieri, oppositori del padre ma con il tempo profondamente delusi dalla “Rivoluzione” del 2011. Liberato nel 2016 con un’ amnistia dopo tutta una serie di processi, pende ancora oggi su di lui la condanna emessa 12 anni fa dalla Corte Penale Internazionale, si è candidato alle tanto attese elezioni del 24 Dicembre 2021, annullate poi all’ultimo, con il benestare di fatto dei “protettori occidentali”, con molti dubbi derivanti dal fatto che Gheddafi Jr veniva dato per favorito con oltre il 50% dei consensi. Una guerra coloniale, a vantaggio dei grandi conglomerati francesi e statunitensi, a cui anche l’Italia, nel suo servilismo atlantista, ha vergognosamente partecipato, trucidando il nostro più importante alleato nel Mediterraneo e mandando all’aria tutti i vantaggiosi accordi ed investimenti con il paese nordafricano, in primis il GreenStream, gasdotto che in pieno regime garantisce 30 miliardi di metri cubi, attualmente però solo 8 a causa della cronica instabilità libica.

La Libia ai tempi di Gheddafi, nonostante le varie contraddizioni, era passata dall’essere un paese estremamente povero e diseguale e guidato dal despota fantoccio del Regno Unito re Idris I, a divenire il paese con il PIL Pro Capite Reale più alto di tutto il continente africano, paese con il più alto Indice di Sviluppo Umano in Africa(0.840 nel 2009) ed un Paese quindi considerato ad Alto Reddito nel contesto Nordafricano e Medio Orientale, con in certi casi standard di vita paragonabili a Paesi del Sud Europa. Altro grando merito del Governo Gheddafi fu la realizzazione del “Great Man Made River”, faraonico acquedotto da 25 miliardi di dollari, distrutto dalle bombe NATO nel 2011, in grado di raccogliere l’acqua presente nelle falde acquifere sotto il Sahara e trasportarla in tutto il Paese, fino alle città costiere, dove risiedeva più del 70% della popolazione. Il Paese disponeva inoltre di un massiccio Welfare-State a sostegno dei cittadini ed era prevista a partire dagli anni ’70 una percentuale degli enormi dividendi dell’export delle compagnie petrolifere straniere con licenza che andava a finire nel conto di ogni cittadino libico.

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