La Germania scivola in recessione.

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La Germania scivola in recessione.

ma.bu.

Brutte notizie dalla Germania, il paese generalmente più florido d’Europa, punto di riferimento per il calcolo dello spread, per esempio.

La Germania è entrata ufficialmente in “recessione tecnica”. Questa notizia, oltre ad essere negativa per gli amici teutonici, lo è in prospettiva anche per gli altri paesi europei.

L’istituto federale di statistica tedesco, Destatis, ha comunicato che nel primo trimestre di quest’anno il Pil di Berlino è sceso dello 0,3%. Sembra poco, in fondo, ma si somma al -0,2% del quarto trimestre del 2022, e questo basta per identificare questa fase come recessione.

Per comprenderne davvero l’importanza, però, bisogna tener conto del fatto che l’inverno è stato particolarmente “tiepido”, consentendo così forti risparmi nei consumi di gas proprio nel periodo in cui i prezzi erano schizzati a livelli insostenibili. Altrimenti l’andamento del Pil sarebbe stato certamente peggiore.

Accanto alla recessione continua a preoccupare l’inflazione, ancora altissima (+7,2% ad aprile). La violenta salita dei prezzi, se non è compensata da una crescita equivalente dei salari, produce recessione.

Ciò mette in discussione un pilastro del pensiero neoliberista ancora dominante ai piani alti di Bruxelles (che continua a raccomandare di “non permettere la spirale prezzi-salari”).

Anche  IlSole24Ore, organo di Confindustria, parlando del Pil tedesco, riferisce che “nel primo trimestre del 2023 le economie domestiche private hanno speso meno per cibo e bevande, abbigliamento, scarpe e arredamento rispetto al trimestre precedente. Per i consumatori, l’elevata inflazione è una sfida in quanto erode il loro potere d’acquisto, poiché le persone possono permettersi di meno con ogni euro”.

Insomma la strategia, raccomandata da Bce e Banca d’Italia, improntata alla “moderazione salariale”, dunque a non aumentare i salari, per non incrementare la spirale inflazionistica, è alla fine fallimentare, privando i consumatori delle risorse necessarie per acquistare e dunque per contribuire a ricavi ed utili delle imprese.

L’Italia rimane ancora ferma a trent’anni fa negli stipendi mentre in diversi paesi UE, come la Germania stessa, l’aumento del costo della vita è stato in qualche modo compensato in sede di nuovi contratti collettivi.

Nello stesso periodo, oltretutto, le sanzioni contro la Russia hanno accelerato il processo di frammentazione del mercato mondiale, così che molti sbocchi commerciali verso altri paesi o continenti si sono chiusi o fortemente ristretti, con danno per le aziende produttrici e, ovviamente, per i loro dipendenti.

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