Non si possono coinvolgere i piromani nella scrittura di una legge contro gli incendi: cercherebbero stratagemmi per indebolirla, o sfrutterebbero l’occasione per scambiarsi fiammiferi ed esche incendiarie. Allo stesso modo, non si possono coinvolgere i lobbisti dei combustibili fossili nelle Conferenze Onu per il clima, il cui obiettivo primario è proprio limitare l’uso delle fonti energetiche fossili: carbone, petrolio e gas.
Le COP, Conferenza delle Parti dell’UNFCCC, Convenzione quadro sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite, sono il luogo dove annualmente si discute e si dovrebbe decidere sui passi da compiere per porre un freno alla crisi climatica. Un cammino la cui direzione è stata indicata, da tempo, dalla scienza. I report dell’IPCC, massimo foro scientifico per competenza e autorevolezza in materia, formato da centinaia di scienziate e scienziati provenienti da tutto il mondo, parlano chiaro: l’unico modo per centrare l’obiettivo dell’Accordo di Parigi, ovvero contenere l’aumento delle temperature a fine secolo entro il grado e mezzo rispetto al periodo preindustriale, è rinunciare quanto prima a bruciare petrolio, gas e carbone. In altre parole: non ci possiamo permettere di produrre nuovi giacimenti e dobbiamo rallentare significativamente le estrazioni già in corso. Questa è la strada che dovrebbero seguire i governi che si riuniscono annualmente alle Cop, quest’anno in Azerbaijan.
Ma di sicuro non è la strada per cui lavorano le imprese che fanno profitti estraendo e commercializzando combustibili fossili, le stesse che da decenni, come dimostrato da numerose e clamorose inchieste giornalistiche, promuovono disinformazione e foraggiano il negazionismo climatico.Fa specie, dunque, che i lobbisti inviati da queste compagnie – i piromani in questione – siano invece sempre più massicciamente presenti alle COP, approfittando dei summit governativi per fare indebite pressioni sui governi e per portare avanti i propri affari in colpevole distonia con gli obiettivi indicati dalla comunità scientifica.
E più incalza l’emergenza climatica, più l’invasione dei lobbisti alle COP è in crescita: nel 2021 se ne stimavano circa 500 alla Cop26 di Glasgow, nel 2022 erano in 636 alla Cop27 diSharm-el-Sheikh, mentre nella Cop28 di Dubai, nel 2023 (primo anno in cui è divenuto obbligatorio per ciascun delegato rivelare l’ente di appartenenza) il numero è salito vertiginosamente a 2.456: la delegazione più numerosa di tutte.C’è di più: spesso gli accrediti dei lobbisti vengono registrati proprio dagli governi all’interno delle delegazioni governative, che sarebbero chiamate a negoziare nell’interesse generale, garantendo azioni climatiche efficaci e non facilitando la presenza di chi difende interessi palesemente in contrasto con gli obiettivi da perseguire. Un meccanismo pericoloso che vale anche per l’Italia: alla Cop28 di Dubai la maggior parte dei rappresentanti di aziende del fossile è stata accreditata dal nostro governo.
Queste circostanze destano grande preoccupazione in seno alla comunità scientifica.