Meloni, cosa c’è di nuovo? Che il 19 giugno arriva da Bruxelles la lettera della procedura di infrazione per deficit eccessivo.Nel silenzio della premier nei prossimi sette anni deciderà Bruxelles la nostra politica economica.

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Meloni, cosa c’è di nuovo? Che il 19 giugno arriva da Bruxelles la lettera della procedura di infrazione per deficit eccessivo.Nel silenzio della premier nei prossimi sette anni deciderà Bruxelles la nostra politica economica.

Per non interferire con la campagna elettorale la Commissione infatti ha rinviato le comunicazioni ai Paesi che non hanno rispettato i parametri del Patto di Stabilità, con l’Italia che sarà tra gli Stati membri interessati come ammesso anche dal ministro Giancarlo Giorgetti “è scontato”.

Il prossimo 19 giugno sarà ufficialmente aperta la procedura di infrazione per deficit eccessivo nei confronti dell’Italia, anche se le raccomandazioni formali dovrebbero arrivare soltanto in autunno. Per i prossimi sette anni sarà Bruxelles sostanzialmente a decidere la nostra politica economica.

La procedura d’infrazione

Il nuovo Patto di Stabilità prevede che i Paesi con un debito eccessivo saranno tenuti a ridurlo in media dell’1% all’anno se il loro debito è superiore al 90% del Pil, e dello 0,5% all’anno in media se è tra il 60% e il 90%. Se il disavanzo di un Paese è superiore al 3% del PIL, dovrebbe essere ridotto durante i periodi di crescita per raggiungere l’1,5% e creare una riserva di spesa per periodo con condizioni economiche difficili. È quest’ultimo il caso dell’Italia.

Per l’Italia che non ha rispettato i due parametri questo significa dover scegliere tra un piano di riduzione del debito di 4 anni o uno di 7 anni: nel primo caso stando ai calcoli del Ces il taglio annuale alla spesa pubblica sarebbe di 25,4 miliardi, nel secondo invece sarebbe da 13,5 miliardi.

Con ogni probabilità l’Italia opterà per il taglio di 13,5 miliardi l’anno per i prossimi sette anni, per una sorta di “Troika” che non solo vigilerà sull’operato del nuovo governo, ma presenterà una “ traiettoria di riferimento per l’andamento della spesa netta agli Stati membri in cui il debito pubblico supera il 60% del prodotto interno lordo (Pil) o in cui il disavanzo pubblico supera il 3% del Pil” come nel nostro caso.

Tutto questo significherà sicuramente tagli alla spesa sociale, mentre gli investimenti in armi saranno agevolati dalla Commissione Ue in funzione antirussa.

Nella prossima legge di Bilancio inoltre ci sarà il problema delle misure in scadenza a fine anno – come il taglio al cuneo fiscale e il primo abbozzo di riforma fiscale – e che sono da rifinanziare. In totale sono 18 miliardi che il governo non potrà più racimolare ricorrendo al debito, con La Stampa che ha parlato di “un buco da 15-16 miliardi di euro nei conti pubblici italiani da riempire con la prossima manovra”.

Armi di distrazione di massa.

Nel frattempo la Meloni non parla del prossimo “commissariamento” del paese, in quanto metterebbe in crisi il castello di sabbia rappresentato dalle misure non strutturali adottate, oltre che il risultato delle elezioni europee dell’ 8-9 giugno. Si preferisce invece mettere l’accento sulla difesa ad oltranza della famiglia tradizionale, contro qualsiasi deriva Lgbtq -vedi il recente voto contrario alla Dichiarazione europea dei diritti LGBTQ – la querelle Salis, l’accoglienza tributata dalla Meloni, quasi fosse un capo di stato, a Chico Forti, condannato all’ergastolo per omicidio negli Stati Uniti ed ora riportato in patria proprio dal governo in carica.

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