Approvato dal Parlamento europeo il nuovo Patto di stabilità e crescita

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Approvato dal Parlamento europeo il nuovo Patto di stabilità e crescita

Il nuovo Patto di stabilità e crescita, approvato oggi dal Parlamento europeo, prevede per i Paesi con un debito superiore al 90% del Pil, come l’Italia, che debbano ridurlo di un punto percentuale ogni anno; i Paesi con un debito compreso tra il 60% e il 90% dovranno ridurlo dello 0,5%. Gli Stati membri dovranno lasciare inoltre un cuscinetto fiscale pari all’1,5% del Pil al di sotto della soglia obbligatoria del 3%; per costituire questa riserva, l’aggiustamento annuale dovrebbe essere pari allo 0,4% del Pil (in caso di piani di rientro da quattro anni), che potrebbe essere ridotto allo 0,25% del Pil (nei piani di rientro da 7 anni).

Le nuove disposizioni sono meno restrittive dell’attuale requisito secondo cui ogni Paese dovrebbe ridurre il debito ogni anno di un ventesimo (5%) dell’eccesso superiore al 60%. Ai governi sarà consentito deviare dal percorso di spesa netta dello 0,3% del Pil su base annua e dello 0,6% del Pil cumulativamente durante il periodo di monitoraggio. I Paesi saranno in grado di estendere il periodo di aggiustamento da quattro a sette anni utilizzando gli investimenti e le riforme inclusi nei loro Pnrr.

Per gli Stati che violano le regole sul deficit e che devono compiere uno sforzo fiscale annuo di mezzo punto di Pil, l’aumento dei pagamenti di interessi sarà escluso dal calcolo nel periodo 2025-27. Rimangono le soglie del 3% del Pil per il deficit e del 60% del Pil per il debito. Tutti i paesi forniranno piani a medio termine entro il 30 settembre che delineeranno i loro obiettivi di spesa e le modalità con cui verranno intrapresi gli investimenti e le riforme. Gli Stati membri con livelli elevati di deficit o debito riceveranno indicazioni pre-piano sugli obiettivi di spesa.

Le spese per la difesa saranno considerate un ‘fattore rilevante’ nel calcolo dei piani di rientro dal deficit. Inoltre la spesa nazionale per il cofinanziamento dei programmi finanziati dall’Ue sarà esclusa dal calcolo della spesa del governo.

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