E’ morto Henry Kissinger. La sua ombra dietro il golpe di Pinochet ed il delitto Moro

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E’ morto Henry Kissinger. La sua ombra dietro il golpe di Pinochet ed il delitto Moro

Manuel M Buccarella

“Onorevole … lei deve smettere di perseguire il suo piano politico per portare tutte le forze del suo Paese a collaborare direttamente. Qui o lei smette di fare queste cose o lei la pagherà cara, molto cara. Veda lei come la vuole intendere, noi l’abbiamo avvisata” (Henry Kissinger ad Aldo Moro).

E’ morto a 100 anni, compiuti lo scorso maggio, Henry Kissinger, potentissimo Segretario di Stato Usa e Consigliere per la Sicurezza Nazionale sia durante la controversa Presidenza Nixon che nel triennio di Gerald Ford. Docente universitario, Premio Nobel per la pace nel 1973 per aver contribuito alla fine della guerra nel Vietnam, fu lanciato in politica ed oltre dal miliardario Rockfeller. Soprattutto come segretario di stato americano ebbe un ruolo fondamentale nel colpo di stato militare di Pinochet in Cile, con la destituzione ed uccisione del presidente socialista Allende. Contribuì ai principali colpi di stato nell’America Latina. La sua ossessione era il comunismo, che intendeva combattere sia nei paesi a socialismo reale che nelle democrazie occidentali. Si ritiene infatti che dietro l’uccisione di Aldo Moro, avvenuta nel maggio 1978, vi sia anche l’imprimatur di Kissinger, oltre che della Cia e dei servizi segreti deviati italiani. Era infatti il settembre del 1974 quando Aldo Moro, nel corso di un viaggio negli Stati Uniti da ministro degli Esteri, subì quelle minacce da Kissinger. In quegli anni si stavano infatti valutando delle convergenze tra la Democrazia Cristiana ed il Psi ed il PCI di Enrico Berlinguer, il famoso “compromesso storico” di cui parlava Berlinguer, e che avrebbe potuto portare ad una svolta importante nella politica italiana, con un governo affidato ai partiti italiani di massa cattolico, socialista e comunista. Soluzione avversata da Washington ma anche da Mosca.

Oltre che nei colpi di stato militari in America Latina, Kissinger ebbe un ruolo nelle delle cosiddette guerre sporche condotte dalle amministrazioni Nixon e Reagan in Paraguay, Nicaragua, Venezuela, Brasile, Salvador. Non si possono certo dimenticare il brutale e illegittimo bombardamento – dal punto di vista del diritto internazionale e della violazione dei diritti umani – voluto da Kissinger e Nixon sulla Cambogia. Come pure l’intervento statunitense nella Guerra del Kippur del 1973 a sostegno dello storico alleato sionista. 

Come scrive sull’Ansa Alessandra Baldini, una vita da giornalista negli Usa, l’eredità di Kissinger, “machiavellico statista, continuerà ad essere discussa tra chi lo considera un genio diplomatico e chi un genio del male. Astuto manipolatore e influente fino agli ultimi giorni, l’ebreo in fuga dall’Europa a 15 anni, alla vigilia della Seconda guerra mondiale, vedeva il mondo come un puzzle gigantesco, in cui ogni pezzo giocava un ruolo importante e distinto verso un unico fine: gli Usa come superpotenza internazionale, anche a prezzo d’interventi di realpolitik sullo scacchiere mondiale giudicati da molti brutali ed illegittimi”. Il Washington Post ricorda che i suoi critici lo definivano amorale e senza principi”.

Vincenzo Morvillo su Contropiano rivela che Kissinger fu “fautore della cosiddetta realpolitik – nel nome della quale perorò addirittura il disgelo con la Cina di Mao, in funzione anti-sovietica – Kissinger fu tra i più audaci sostenitori delle spregiudicate teorie monetariste messe a punto dalla Scuola di Chicago e dai suoi “Chicago Boys”, diretti dall’economista neoliberista Milton Friedman. La dottrina, i cui principi innervanti sono le privatizzazioni e la deregulation durante le oscillazioni di mercato, si fonda sulla supremazia monetaria del dollaro nei confronti delle altre divise, cui fanno da imprescindibile controcanto l’interventismo militare e il saccheggio imperialista a stelle e strisce. In definitiva, una struttura la cui finalità è il mantenimento del dominio economico e del modello culturale statunitense sull’intero pianeta.”

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