La cattiva burocrazia costa 225 miliardi all’anno e 11 punti di Pil.

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La cattiva burocrazia costa 225 miliardi all’anno e 11 punti di Pil.

Secondo il report della Cgia di Mestre la burocrazia italiana tra regole tortuose, mancati pagamenti della Pubblica Amministrazione, lentezza della giustizia civile, carenze e sprechi nelle infrastrutture, nei trasporti e nella sanità, genera danni per 225 miliardi di euro all’anno ad imprese e famiglie italiane. Si tratterebbe di ben 11 punti percentuali annui di Pil.

Si tratta di una cifra importante che si presta a dei raffronti: più che doppia dell’evasione tributaria e contributiva, stimata attorno ai 100 miliardi di euro l’anno; quasi doppia della spesa sanitaria del nostro Paese (131,7 miliardi per il 2023); pari al valore aggiunto prodotto nel 2021 da tre regioni del Nordest (Trentino Alto Adige, Veneto e Friuli Venezia Giulia); poco inferiore alle risorse che il nostro Paese dovrà spendere entro il 2026 con il PNRR (235 miliardi). Nell’indagine campionaria realizzata a inizio di quest’anno da Cgia, l’Italia si colloca solo al 23 posto a livello europeo per la qualità offerta dai servizi pubblici. Tra i 27 paesi UE messi a confronto, solo Romania, Portogallo, Bulgaria e Grecia presentano un risultato peggiore del nostro. Non siamo in ritardo solo nella messa a terra del Pnrr ma anche nella spesa dei fondi Ue. Entro il 31 dicembre 2023, data di scadenza di attuazione del settennato 2014-2020, vanno spesi i restanti 29,8 miliardi (pari al 46% del totale) di finanziamenti che ci sono stati erogati da Bruxelles, di cui 10 sono di cofinanziamento nazionale. Se non riusciremo a centrare l’obbiettivo, la quota di fondi Ue non utilizzati andrà persa. È dunque a rischio una buona parte dei 19,8 miliardi che l’Europa ci ha messo a disposizione da almeno nove anni. Le ragioni di questa difficoltà nell’ utilizzare i soldi europei è nota. Scontiamo, innanzitutto, una grossa difficoltà di adattamento della nostra Pubblica amministrazione alle procedure imposte dall’Ue.Inoltre il personale, soprattutto dell’area tecnica, è insufficiente e quello occupato ha retribuzioni basse e, spesso, risulta, anche per questa ragione, poco motivato. Specificità che condizionano la qualità e la produttività del servizio reso da questi dipendenti, in particolar modo delle regioni e degli enti locali piu’ in difficolta’, che, in buona parte, sono concentrati nel Mezzogiorno.

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