Salario minimo? Può essere stabilito dal giudice per garantire a lavoratore e famiglia un’esistenza libera e dignitosa. Lo ha stabilito la Cassazione.

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Salario minimo? Può essere stabilito dal giudice per garantire a lavoratore e famiglia un’esistenza libera e dignitosa. Lo ha stabilito la Cassazione.

ma.bu.

Con sentenza del 2 ottobre la Corte di Cassazione ha stabilito che il cosiddetto salario minimo possa essere fissato dal giudice in modo che sia proporzionale e sufficiente a garantire gli standard minimi di legge. Cioè, deve garantire la possibilità di «vivere una vita a misura d’uomo».

Il pronunciamento riguarda il ricorso di un vigilante di Torino che chiedeva un adeguamento del suo salario troppo basso anche se regolato da un contratto nazionale. “Lo stipendio – scrive la Cassazione – deve tener conto dell’articolo 36 della Costituzione ; quest’ultimo stabilisce che «il lavoratore ha diritto ad una retribuzione…sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa».

Nella sua sentenza la Cassazione non richiama solo la Costituzione ma anche la direttiva europea del 2022 che raccomanda l’introduzione di un salario minimo.

«Si parla notoriamente di “lavoro povero”, ovvero di “povertà nonostante il lavoro”, – ecco un passaggio della sentenza – principalmente dovuto alla concorrenza salariale al ribasso innescata, in particolare dalla molteplicità dei contratti all’interno della stessa contrattazione collettiva; la quale, pur necessaria, quale espressione della libertà sindacale e per la tutela dei diritti collettivi dei lavoratori, può entrare in tensione con il principio dell’art. 36 della Costituzione».In altre parole, secondo i giudici un contratto nazionale di lavoro può essere messo in discussione e dunque impugnato davanti all’ autorità giudiziaria se ad esso corrisponde una busta paga troppo misera e il lavoratore che fa causa all’azienda ha diritto a vedersi riconosciuto un trattamento più adeguato.

Il sorvegliante è dipendente di una cooperativa messa sotto controllo giudiziario dal gip di Milano, dallo scorso 19 giugno. Aveva fatto ricorso al Tribunale di Torino lamentando la retribuzione troppo bassa e chiedendo che fosse accertato il suo diritto a percepire un trattamento retributivo di base non inferiore a quello del Ccnl dei dipendenti dei proprietari di fabbricati, i portieri. In primo grado, il giudice aveva accolto la richiesta e condannato la società cooperativa «Servizi fiduciari» a pagargli oltre venti anni di differenze retributive. Poi però, la Corte di appello di Torino nel luglio 2022, aveva fatto marcia indietro affermando che «vanno esclusi dalla valutazione di conformità all’art. 36 della Costituzione quei rapporti di lavoro che sono regolati dai contratti collettivi ».

La Cassazione ha definitivamente stabilito che anche i contratti collettivi di lavoro soggiaciono al rispetto dell’articolo 36 della Costituzione. Pertanto, se il trattamento economico stabilito non consente una vita dignitosa, ben potrà intervenire il giudice per adeguare la retribuzione al caso concreto, disapplicando le previsioni contrattuali.

La Suprema Corte ha chiarito anche che il salario minimo fissato per legge non è esente da una verifica del giudice sulla congruità rispetto ai parametri costituzionali della giusta retribuzione.

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