Lavoro, la Generazione Z cerca impieghi con poco stress e che lascino spazio a vita privata e tempo libero.

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Lavoro, la Generazione Z cerca impieghi con poco stress e che lascino spazio a vita privata e tempo libero.

Che lavoro cercano i ragazzi tra i 18 ed i 24 anni, per intenderci quelli della Generazione Z? Un lavoro che renda autonomi economicamente ma che non richieda troppa responsabilità, non provochi stress e, soprattutto, lasci spazio libero per fare altro, al di fuori dell’attività professionale. È la sintesi del profilo elaborato da Bloomberg tra i giovani inglesi della Z Generation. 

Rispetto alla generazione precedente, tutta votata alla ricerca di un’affermazione nel lavoro in un contesto competitivo e di affermazione individuale, la Generazione Z, ossia i giovani della fascia 18-24 anni, come riferisce la ricerca di Legacoop e Ipsos (Report FragilItalia), preferisce uno stipendio con una base fissa e una componente variabile legata ai risultati raggiunti. E poi un lavoro che offra come detto, tempo sufficiente per sé stessi, per le proprie attività extraprofessionali.

Sempre Bloomberg, riporta che la piattaforma di ricerca di lavoro Adzuna ha registrato un aumento dei clic sui post per posizioni come amministratori di ufficio, account manager e addetti al marketing, lavori che generalmente sono associati a maggiore flessibilità e meno stress. La ricerca di lavori meno stressanti è quindi indice di una tendenza molto ampia definita “quiet quitting”: lavorare il giusto per mantenere il posto di lavoro, rifiutarsi di fare straordinari o di assumersi responsabilità che non rientrano strettamente nell’orario di lavoro e nelle mansioni indicate sul contratto.

Questi orientamenti saranno probabilmente incentivati dal ricordo allo smart working, accresciuto dalla pandemia da Covid, e dal sempre maggiore ricorso all’ intelligenza artificiale, che riduce mansioni monotone e frustranti e che dovrebbe creare spazio per attività più creative ed appaganti, pur distruggendo posti di lavoro.

“Sono ragazzi cresciuti un momento storico particolare. Hanno vissuto le crisi economiche dei loro genitori di cui molti hanno perso il lavoro; diversi sono i figli di coppie separate. E giustamente, stanno crescendo con ambizioni legate più allo stare bene con se stessi e con gli altri”, conferma la professoressa Donata Francescato, psicologa di comunità e saggista.

Sul fatto che non si vive solo per lavorare abbiamo recentemente raccolto anche l’opinione dell’ economista britannico Daniel Susskind, autore di “Un mondo senza lavoro”, che rileva una maggiore attenzione verso ciò che non è lavoro da parte delle nuove generazioni e che diventa una necessità in tempi in cui l’intelligenza artificiale sta modificando significativamente l’ organizzazione del lavoro.

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