Una canzone per settembre/”Impressioni di settembre”, PFM (1971)

0comments 4.065 mins read
Una canzone per settembre/”Impressioni di settembre”, PFM (1971)

Manuel M Buccarella

“Impressioni di settembre “, pezzo storico del progressive rock italiano ed europeo, viene pubblicato dalla Numero Uno ad ottobre del 1971.

Si tratta del primo brano italiano in cui viene utilizzato il celebre sintetizzatore moog, tra gli strumenti distintivi del rock della fine degli anni Sessanta e dell’inizio dei Settanta.

Mauro Pagani, membro fondatore del gruppo e co-autore del testo, noto anche per la lunga e significativa collaborazione con Fabrizio De André, ha raccontato come nacque la canzone nella sua autobiografia Nove vite e dieci blues, edita da Bompiani.

“Nella primavera del 1971 Massimo Bernardi, promoter del Titan Club di Roma e del tour italiano di Jimi Hendrix, ebbe la brillante idea di organizzare un grande evento a Viareggio dedicato alla musica nuova che si stava impossessando della scena italiana. Lo intitolò “Festival di musica di avanguardia e di nuove tendenze”, e ci invitò. Per poter partecipare bisognava presentare un brano inedito. Franco Mussida, che stava attraversando un periodo di grazia, arrivò con un brano nuovo, pensato durante uno dei cento viaggi in furgone di quei giorni e strutturato nottetempo nel bagno di casa. Lo trovammo subito eccezionale, carico di energia ma anche di dolcezza e lirismo; finalmente qualcosa di nuovo, che ci raccontava e ci rappresentava. Subito mi chiusi da qualche parte e scrissi un testo. Erano gli anni dei King Crimson, ma anche dei Genesis, degli Yes, dell’Incredible String Band. Di tutta quella poetica, insomma, in qualche modo legata a William Blake e alla tradizione mistica e onirica inglese, che tanto allora mi ispirava e mi affascinava. Mi inventai Hans, principe dei sogni e dell’inconscio, e gli dedicai la canzone. Con La carrozza di Hans vincemmo il festival a pari merito con gli Osanna e con Mia Martini.Poco dopo Franco, baciato di nuovo dal buon dio delle canzoni, arrivò con un piccolo, autentico capolavoro, che avrebbe preso il bel titolo di “Impressioni di settembre”. Quelli della Numero Uno si resero conto che aveva tutte le caratteristiche di un singolo di sicuro successo e decisero saggiamente che forse avremmo avuto bisogno di aiuto per scriverne il testo. Il buon Mariano Rapetti, direttore delle edizioni e socio dell’etichetta, chiese a suo figlio Giulio, in arte Mogol, allora già autore di testi famosi, di darmi una mano.Ero preoccupato perché Mogol era in quegli anni monarca assoluto del mercato, capace di scrivere “Tu chiamale, se vuoi, emozioni”, ma anche, e con il medesimo trasporto, “Non piangere salame dai capelli verderame” oppure “Motocicletta, dieci HP. Tutta cromata, è tua se dici sì”.Fu un giorno strano, di tante parole dette e troppe non dette.

Mogol mi chiede di raccontargli cosa mi gira per la testa. Tiro fuori il mio taccuino e leggo: di un’alba di settembre che sta per arrivare, del profumo del fieno e del granoturco maturo, del cinguettare delle allodole e degli storni. Del cielo ormai quasi rosa, e del profumo dei gelsi. Dei giorni della mia adolescenza passati a rubare uva e a fare il bagno nelle rogge, dei sogni e dei tormenti che in quei giorni mi bruciano dentro. Del giorno che, a un certo punto, arriva sempre: caldo e luminoso, e benedice tutto. Poi cominciamo a camminare per i bellissimi prati di quel piccolo paradiso, chiacchierando e prendendo appunti. Per la precisione, lui intento a vagare qua e là giocando con le parole, io, solerte e attento, a pochi passi, con il nobilissimo compito di prendere nota.

Che è tutto ciò che feci, travolto da un Giulio al massimo della forma e da quell’irrefrenabile diluvio di rime baciate. In fondo ero solo un ragazzino senza esperienza, che poco sapeva e ancor meno aveva fatto. Non riuscii a far sì che dal nostro incontro nascesse un testo un po’ misterioso, criptico e immaginifico come avrebbero dovuto essere, secondo me e secondo noi, le liriche di una band prog di quegli anni. Ne venne fuori invece un testo semplice, diretto, quasi fanciullesco: facile da comprendere, facilissimo da condividere. Lezione numero uno di quel mattino d’estate: l’impervia strada che conduce al successo nel pop non ama curve e tornanti, predilige i rettilinei. Su di essa è bene correre in avanti, ma non troppo, provare a essere originali se si vuole, ma solo quanto basta, senza esagerare…”

Quell’autentico capolavoro, primo singolo di una band costituita sempre in quel 1971, nasce dunque come ce lo descrive sapientemente uno dei protagonisti ed artefici del pezzo, quel Mauro Pagani che rimane un protagonista indiscusso non solo del panorama progressive italiano ma in genere della musica italiana. Il brano è inserito nel primo album del gruppo, “Storia di un minuto”.

Del panorama progressive italiano, la Premiata Forneria Marconi (PFM) fu l’ unica band ad avere successo anche all’ estero, in particolare negli Stati Uniti.Pagani lasciò il gruppo nel 1977.

Hey, ciao 👋
Piacere di conoscerti.

Iscriviti per ricevere contenuti fantastici nella tua casella di posta, ogni mese.

Non inviamo spam! Leggi la nostra Informativa sulla privacy per avere maggiori informazioni.

Hey, ciao 👋
Piacere di conoscerti.

Iscriviti per ricevere contenuti fantastici nella tua casella di posta, ogni mese.

Non inviamo spam! Leggi la nostra Informativa sulla privacy per avere maggiori informazioni.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *