Jim O’Neill, già presidente di Goldman Sachs Asset Management e già ministro del tesoro britannico ha manifestato in un recente articolo a sua firma sulla rivista “Project Syndicate”, dubbi sull’efficacia dell’ estensione dal 2024 dei Brics ad altri sei paesi (Argentina, Iran, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Egitto, Etiopia).
L’ impostazione di O’Neill in sostanza cerca di associare i BRICS al “globalismo” per via di un documento di Goldman Sachs pubblicato nel 2001. Goldman Sachs auspicava che i Paesi emergenti entrassero nel G7 per impedire che questi creassero problemi alla governance globale. Goldman non voleva certo che i BRICS promuovessero un mondo multipolare negli anni successivi. Ed è lo stesso economista di Goldman Sachs che scrisse il documento, O’Neill appunto, ad affermare che egli in nessun modo appoggia il progetto di un mondo multipolare voluto dai BRICS.
I principali dubbi dell’economista di scuola Goldman Sachs risiedono in particolare nell’adozione del dollaro come principale valuta di scambio nelle transazioni commerciali tra i paesi Brics.Si dice che la conservazione del dollaro quale moneta di riferimento faccia conservare a tali paesi una certa dipendenza dalle politiche valutarie e monetarie della Fed e dunque degli Usa. Ciò è vero in parte. La pressione che un Brics ad undici stati può esercitare sugli scambi internazionali e sull’economia globale non sarà indifferente, nell’ottica di un mondo multipolare che faccia concorrenza all’occidente ed all’alleanza atlantica. Per di più iniziative tese ad una graduale dedollarizzazione sono già in corso e se ne studieranno altre nuove.
D’accordo sulla necessità di togliere al dollaro il dominio del mercato globale e sul diritto dei Paesi cosiddetti “emergenti” di emanciparsi dalla “dittatura” monetaria e quindi economica della valuta statunitense.