Bce alza di nuovo i tassi con effetto dal prossimo 2 agosto.

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Bce alza di nuovo i tassi con effetto dal prossimo 2 agosto.
Alla base della decisione “le prospettive di inflazione, la dinamica dell’inflazione di fondo e l’intensità della trasmissione della politica monetaria”

ma.bu.

Ancora una stretta dalla Banca centrale europea e nessuna sorpresa dall’ultima riunione prima della pausa estiva del Consiglio direttivo che ha deciso di innalzare di 25 punti base i tre tassi di interesse di riferimento: i tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali, sulle operazioni di rifinanziamento marginale e sui depositi presso la banca centrale saranno così innalzati rispettivamente al 4,25%, al 4,50% e al 3,75%, con effetto dal prossimo 2 agosto. Alla base della decisione – si sottolinea nel comunicato finale della riunione del board – “le prospettive di inflazione, la dinamica dell’inflazione di fondo e l’intensità della trasmissione della politica monetaria”.

“Gli andamenti osservati dopo l’ultima riunione confermano l’aspettativa che l’inflazione si ridurrà ulteriormente nel resto dell’anno, ma si manterrà su un livello superiore all’obiettivo per un prolungato periodo di tempo. Sebbene alcune misure mostrino segnali di allentamento, l’inflazione di fondo resta nel complesso elevata. I passati incrementi dei tassi di interesse continuano a trasmettersi con vigore: le condizioni di finanziamento si sono inasprite nuovamente e frenano in misura crescente la domanda, che rappresenta un fattore importante per riportare l’inflazione all’obiettivo”, conclude il Consiglio.

Per l’economia dell’Eurozona “le prospettive restano incerte” per una serie di fattori, fra cui la “possibilità che gli effetti della nostra politica monetaria si riveli più forte del previsto” accentuando i “rischi al ribasso”, sottolinea la presidente della Bce Christne Lagarde incontrando la stampa dopo la riunione del Consiglio direttivo. Fra le conseguenze già raggiunte, aggiunge, “l’irrigidimento delle condizioni del credito, con una domanda di mutui scesa per il quinto trimestre di fila”.

“Il nostro inasprimento della politica monetaria continua a trasmettersi fortemente” con “tassi di interesse privi di rischio sulle scadenze a breve e medio termine sono aumentati dalla nostra ultima riunione e un finanziamento che è diventato più costoso per le banche, anche in parte a causa della graduale eliminazione delle operazioni mirate di rifinanziamento a più lungo termine” (le TLTRO). La Lagarde ha comunque spiegato come “l’ingente rimborso di TLTRO a giugno è andato liscio, poiché le banche erano ben preparate”.

Sulle prossime decisioni sui tassi “siamo aperti a tutto, ma soprattutto saremo condizionati dai dati in arrivo. Mese dopo mese le nostre decisioni potrebbero variare”: di mese in mese “potremmo alzare i tassi o fermarci”, sottolinea ancora Lagarde, precisando che “la decisione di settembre non potrebbe essere quella finale” ovvero quella che fissa il dato più alto. “Non facciamo forward guidance ma siamo determinati a dare un duro colpo all’inflazione” conclude la presidente della Bce.

Brevi osservazioni conclusive

Insomma Francoforte ha ormai bene in mente come colpire l’inflazione: aumentare il costo del denaro per stimolare il c.d. credit crunch, tanto da ridurre le richieste di mutui dalle famiglie ed inasprire le condizioni per chi ha già un mutuo a tasso variabile e non riesce a rinegoziarlo, concentrare sul rimborso dei finanziamenti, sul pagamento delle bollette energetiche e sulla spesa essenziale (alimentari, combustibile etc) il fabbisogno delle famiglie, restringendo così la capacità di spesa generale. Eppure qualche tempo fa la stessa Lagarde riconobbe come i due terzi dell’inflazione dipendano dai maggiori profitti, ossia dai maggiori prezzi volta per volta richiesti ai consumatori dai principali produttori di beni e servizi. Eppure la soluzione proposta dai banchieri centrali rimane sempre la stessa: aumentare i tassi. Per altro politiche di perequazione sotto il profilo fiscale sarebbero di maggiore pertinenza degli Stati membri, che dovrebbero utilizzare la leva fiscale nei confronti degli imprenditori che hanno accumulato profitti ed extraprofitti in questo periodo.

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