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54 anni fa la strage di piazza Fontana a Milano. Furono eversione nera e servizi segreti deviati

Il 12 dicembre 1969 nella centrale piazza Fontana a Milano fu compiuto un grave attentato terroristico presso la Banca Nazionale dell’Agricoltura, che causò 17 morti e 88 feriti. È considerata «la madre di tutte le stragi», «il momento più incandescente della strategia della tensione». Da alcuni è ritenuta l’inizio degli anni di piombo.

Gli attentati terroristici di quel giorno furono cinque, concentrati in un lasso di tempo di appena 53 minuti, e colpirono contemporaneamente Roma e Milano, le due maggiori città d’Italia. A Roma ci furono tre attentati che provocarono 16 feriti, uno alla Banca Nazionale del Lavoro in via San Basilio, uno in piazza Venezia e un altro all’Altare della Patria; a Milano una seconda bomba venne ritrovata inesplosa in piazza della Scala.

Le lunghe e innumerevoli indagini hanno rivelato che la strage fu compiuta da terroristi dell’estrema destra, probabilmente collegati a settori deviati degli apparati di sicurezza dello Stato con complicità e legami internazionali, i quali però non sono mai stati perseguiti.

Nel giugno 2005 la Corte di Cassazione stabilì che la strage fu opera di «un gruppo eversivo costituito a Padova nell’alveo di Ordine nuovo» e «capitanato da Franco Freda e Giovanni Ventura», non più perseguibili in quanto precedentemente assolti con giudizio definitivo dalla Corte d’assise d’appello di Bari nel 1987; non è mai stata emessa una sentenza per gli esecutori materiali, coloro che cioè portarono la valigia con la bomba, che restano ignoti.

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