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Incontro con un funzionario di Hamas, dal romanzo “Il mio Vangelo” di Manuel M. Buccarella (2015)

Fayyad Khatib è un giovane distinto, magro ed alto, barba fatta, improfumato, capelli corti corvini e ricci impomatati di un qualche prodotto per capelli. Non indossa nessuna mimetica né qualsiasi cosa che gli assomigli: è in borghese, con un bell’abito rigato, molto occidentale, ed una bella cravatta scura. A primo acchito niente di estremo o di estremistico. Ci stringiamo la mano, il padrone di casa accenna anche un breve inchino rivolgendosi a me e ci indica le due poltrone sulle quali sedere, di fronte alla sua scrivania. La

stanza non è grandissima, ma è sufficientemente capiente. I modi sembrano … a modo. Il giovane
funzionario parla un arabo marcato ed aspirato con il suo connazionale, ma non stacca quasi mai lo
sguardo da me: gli occhi sembrano lievemente spiritati. Anche qui sul muro una grande foto dello
scomparso sceicco Yassin, oltre ad una bandiera della Palestina distesa e ben conservata, quasi fosse
una reliquia, in una teca vitrea con una cornice in foglia oro. La scrivania è in legno chiaro, non
dev’essere costata molto. Poggiato grosso modo al centro della stessa un bel portatile nero chiuso
ermeticamente, come se fosse stato volutamente sigillato dal suo proprietario qualche istante prima
del nostro ingresso. Ciò lascia facilmente pensare che il computer nasconda qualche segreto,
sicuramente per noi che siamo del tutto estranei all’organizzazione.
«Allora, in cosa posso esservi utile?», dice in arabo con viso disteso e sorriso conciliante il
giovane funzionario di partito.
La risposta, anche per motivi di comprensione linguistica, viene fornita direttamente da
Mahmoud.
«Come sa, sono qui in compagnia di un amico giornalista italiano, che sta preparando un report
sulla crisi israelo-palestinese. Siamo stati già a Gerico, dove abbiamo intervistato i membri di una
famiglia che ha perso il figlio, un vostro ragazzo, un martire della rivoluzione palestinese. Abbiamo
necessità di conoscere ufficialmente il punto di vista di Hamās …»
«Molto bene. Siamo sempre lieti di incontrare giornalisti occidentali. L’Italia poi ha sempre avuto
un occhio di riguardo per noi palestinesi, anche se l’ha avuto quasi solo con Fath e Yasser Arafat …»
«E’ vero, ha perfettamente ragione», rispondo io in italiano in attesa di farmi tradurre dal mio
amico.
«Ma non sono qui in rappresentanza del governo italiano. Sono un giornalista alla ricerca della
verità e vorrei conoscere la vostra di verità.»
Il giovane funzionario mi sembra entusiasta ed il suo sguardo continua ad essere ancora un po’
spiritato.
«Sarò molto lieto di rispondere alle vostre domande e cercherò di soddisfare al meglio le vostre
richieste.»
Fayyad mi sembra simpatico e credo anche sia persona acuta: sembra adatto al marketing e

curare le relazioni con la stampa estera sarà uno dei suoi compiti. In un momento come questo, nel
quale Hamās, nonostante il grande sostegno popolare, è nell’occhio del ciclone a livello
internazionale, un atteggiamento dialogante con la stampa può essere sicuramente d’aiuto. Mi
concede senza problema di fotografarlo e di fotografare anche la stanza. D’altronde Hamās è
assolutamente ufficiale. Sarà un grande articolo! In cambio però, prima della pubblicazione, Fayyad
vuole leggere il pezzo, probabilmente per esercitare una qualche forma di censura preventiva.
Comunque non posso nascondere di temere un po’ quest’organizzazione; spero che ciò non
condizioni oltremisura la mia intervista.
«Allora, signor Khatib, vorrei iniziare dalla sua storia personale, se possibile …»
Mahmoud traduce velocemente la domanda e mentre traduce, guardo dritto negli occhi il giovane
funzionario, che segue tranquillo e praticamente impassibile. Mahmoud mi risponde che per Fayyad
non c’è nessun problema.
«Sono nato e cresciuto qui a Gaza – esordisce con timbro di voce che lascia intendere una certa
partecipazione emotiva, accompagnata dall’ormai solito bagliore negli occhi – in una famiglia
comunissima. I miei genitori grazie a Dio sono entrambi ancora in vita, il che da queste parti non è
proprio una sicurezza, visto che qui siamo da decenni sotto gli attacchi dell’esercito israeliano e
delle bombe dei loro caccia … Sa quante vittime ci sono state a Gaza e in tutta la Striscia negli
ultimi anni? Migliaia, per la maggior parte donne e bambini. Ognuno di noi qui ha perso almeno un
famigliare per mano di Israele. Io posso ritenermi fortunato: ho tre figli che sono tutti vivi, ma ho
perso un fratello a seguito di un bombardamento l’anno scorso … Sa con quale violenza hanno
ucciso il nostro sceicco, no?», voltandosi per un attimo con deferenza verso la grande foto di Yassin.
«Mi spiace davvero tanto per quello che è capitato alla sua famiglia, al suo popolo ed allo sceicco

… Mi può un po’ spiegare come si è avvicinato ad Hamās e come ha fatto carriera al suo interno?»
«Certamente», risponde lui con un’aria che lascia trasparire non poca soddisfazione. «Hamās
nasce quando io non ero ancora nato, come un’organizzazione filosofica e religiosa, finalizzata alla
promozione dell’Islam ed alla reciproca assistenza morale e materiale tra musulmani palestinesi.
Una grande organizzazione, come vede. Un autentico ponte tra palestinesi che vivono nei Territori
Occupati e soprattutto nella Striscia di Gaza, e quelli che vivono fuori dalla Palestina, soprattutto in
Israele. Io ho trentadue anni, sono nato nel 1981. Hamās ha avuto fin dalla sua nascita tantissimo
seguito nella Striscia di Gaza anche perché, come saprà, i suoi padri sono tutti cittadini di Gaza. Qui
si è sempre respirata l’aria di Hamās e della sua propaganda, della fratellanza e della solidarietà che
è cresciuta proprio grazie all’apporto del partito e della sua dirigenza. Mi sono innamorato presto di
Hamās, potevo avere non più di nove o dieci anni. Hamās è la grande famiglia palestinese di
Maometto e di Allah. La parola del grande Profeta contro le armi di sterminio di Israele! E poi le
nostre di armi, il nostro esercito visto che purtroppo le sole parole e le pietre dell’intifada non
bastano!»
Fayyad Khatib parla con sempre maggiore enfasi e partecipazione. Il bagliore negli occhi è
sempre più vivo!
«Molto bene, signor Khatib. Quindi lei ha incominciato la sua militanza da giovanissimo …»
«Sicuro! Qui siamo tutti di Hamās, signor Tarentini. E’ inevitabile militare in Hamās. Anzi, per me

è stato e continuerà ad essere un grandissimo onore!»
Non voglio stemperare la grande passione di Fayyad con le mie domande. Tuttavia ho necessità
di riportare la conversazione nell’alveo di una maggiore “cerebralità”, in quanto mi mancano ancora
importanti informazioni sul cursus honorum di questo funzionario.
«Mi scusi, signor Khatib. Vorrei sapere con maggior precisione quando lei è entrato nel partito e
che tipo di carriera vi ha svolto.»
«Difficile parlare di ingresso ufficiale nell’organizzazione. E’ chiaro che ho la tessera del partito,
al quale la mia famiglia dà un piccolo contributo economico. Sono un funzionario del partito e sono
un suo stipendiato. Ho incominciato dalla gavetta, facevo propaganda a Gaza e nei villaggi vicini
per l’intifada e per la lotta armata, nel nome di Allah … Ora sono qui ad occuparmi ancora di
propaganda e di informazione in una veste diversa: sono passato dalla strada ad un ufficio, ma le
posso assicurare che lo spirito è rimasto quello degli inizi. Sono al servizio di Hamās, del mio
popolo e di Allah!»
«Bene, Fayyad. A proposito dei rapporti con Israele, siete sempre dell’idea che lo Stato di Israele
andrebbe distrutto e sostituito dalla Grande Palestina?»
Khatib sembra un po’ imbarazzato da questa domanda, tuttavia risponde dopo soli pochi secondi.
«Israele è nostro nemico, ma non siamo così cattivi né così ingenui da volerne la distruzione.
Vogliamo vivere in santa pace nei nostri territori, con uno Stato palestinese assolutamente libero ed
indipendente e governato da Hamās. Abbiamo vinto le elezioni nel 2006, ci spetta la guida del
governo nell’Autorità Nazionale Palestinese, invece ci sono gli uomini di Abu Mazen al posto
nostro. Qui noi ci teniamo il controllo della Striscia di Gaza ma aspettate qualche anno che saremo
in grado di legittimare la nostra supremazia prendendoci il governo della Palestina tutta. Il mondo
non ha motivo di aver paura di Hamās!»

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