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“Manovra di bilancio complessa”, dice il ministro Giorgetti. Stop a flat tax e revisione della legge Fornero.

ma.bu.

Una manovra “complicata”, che interverrà sicuramente a favore dei redditi medio-bassi, ma con cui “non si potrà fare tutto”. Queste le parole del ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti, intervenuto da remoto oggi al Meeting di Rimini di Comunione e Liberazione. Negli scorsi giorni la Corte dei Conti, per altro, ha avvertito sulla mancanza di 30 miliardi dai conti. Il percorso è reso ancor più stretto dall’avvicinarsi del Patto di stabilità, leggasi vincoli di bilancio europeo, che il governo italiano spera di poter in qualche modo riformare a proprio favore esercitando un qualche potere negoziale anche se, è bene ribadirlo, il nostro paese è tra quelli in Europa peggio messi quanto a debito pubblico e rapporto deficit/pil. Il nuovo Patto di stabilità dovrebbe entrare in vigore il 1° gennaio 2024, ma l’impostazione prevalente dovrebbe essere quella come sempre dell’anacronistico e non scientificamente sostenuto rapporto da 1 a 3 tra deficit e Pil, con qualche correzione nell’applicazione pratica.

“La situazione è ancora eccezionale”, l’Europa lo capisca – dice Giorgetti – o si rischia l’autolesionismo. I dossier che impegneranno il governo in autunno sono già caldi. A partire dalla manovra. Sarà una legge di bilancio complicata”, mette in chiaro Giorgetti in videocollegamento al Meeting di Rimini: non c’è spazio per tutto e gli interventi saranno messi in “ordine di priorità”. “Certamente dovremo intervenire a favore dei redditi medio-bassi”, come fatto con la decontribuzione perché l’inflazione riduce fortemente il potere d’acquisto, e “dovremo anche usare le risorse a disposizione per promuovere la crescita e premiare chi lavora, siano essi gli imprenditori o i lavoratori”.

Introduzione a parte, va precisato innanzitutto che i cavalli di battaglia della scorsa campagna elettorale flat tax (quasi per tutti) e riforma della legge Fornero sulle pensioni non saranno praticabili. Una riforma delle pensioni che abolisca in qualche modo il limite generale dei 67 anni previsto dalla legge Fornero, non pare dunque almeno per il momento praticabile. Il governo forse proverà a rifinanziare “quota 103”. La denatalità di cui soffre da anni l’Italia, che il governo vorrebbe tentare di curare con incentivi per chi fa figli, poco efficaci se non si offrono nuove e valide opportunità di lavoro, ma inevitabilmente anche con l’integrazione di stranieri extracomunitari, costituisce per Giorgetti l’ostacolo principale al superamento della Fornero. “La natalità è fondamentale”, perché “non c’è nessuna riforma o misura previdenziale che tiene nel medio e lungo periodo” con i numeri che ha oggi l’Italia, avverte.

In rampa di lancio c’è la riproposizione del taglio del cuneo contributivo in scadenza a fine anno. Resta tuttavia da capire se verrà prorogato nella versione più corposa introdotta con il decreto primo maggio (7 punti per i redditi fino a 25mila e 6 per quelli fino a 35mila), per la quale servono 9-10 miliardi, o facendo una media con il taglio deciso avviato con la scorsa legge di bilancio. A determinare ogni scelta saranno le risorse: la coperta è ancora corta, con la necessità di trovare per la manovra circa 20-25 miliardi.

Al momento, a fronte di un elenco già ricco di uscite (oltre al cuneo, le spese obbligate stimate in 6 miliardi, la riduzione dell’Irpef a 3 aliquote per cui si cercano almeno 4 miliardi, la replica della tassazione agevolata sui premi di produttività e i fringe benefit cui servono circa 1-2 miliardi, oltre al capitolo pensioni), la voce ‘entrate’ conta solo i 4,5 miliardi ricavati in deficit dal Def e i 300 milioni per il 2024 previsti dalla spending review dei ministeri, cui vanno aggiunte le risorse che il governo punta a raccogliere dal nuovo rapporto ‘collaborativo’ tra fisco e contribuente e dalla nuova tassa sugli extraprofitti delle banche, da cui sono attesi circa 2,5 miliardi. Proprio sugli extraprofitti si lavora alle possibili modifiche in vista della conversione in Parlamento: l’obiettivo sarebbe di garantire il massimo gettito per il 2023, alleggerendo il peso per le banche e la soluzione cui si guarda è quella del credito d’imposta. Un’ipotesi subito apprezzata dal mercato, con le banche in luce a Piazza Affari. Mentre il governo esclude che la tassa venga estesa ad altri settori (ipotesi che aveva preoccupato Farmindustria).

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