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Milan Kundera e il “comunismo”.

Manuel M Buccarella

Un paio di giorni fa ci ha lasciati per “abbracciar miglior vita” lo scrittore nato cecoslovacco Milan Kundera, alla veneranda età di 94 anni. Il narratore, famoso soprattutto per il romanzo “L’insostenibile leggerezza dell’essere”, diventato anche film di successo, partecipò in vita ad alcuni momenti importanti della storia della Cecoslovacchia. Nel secondo dopoguerra fu iscritto al Partito Comunista anche se, in verità, poco più che ventenne iniziò la propria avventura in politica come delatore, cioè con la delazione di un disertore.

Le sue sorti furono legate, nella vita pubblica e politica, anche e soprattutto alla Primavera di Praga. Nel partito sosteneva il nuovo corso di Dubcek, quel “socialismo dal volto umano” che fu presto, nel 1968, stroncato con la violenza dai carri armati del Patto di Varsavia. Nel 1971 lo scrittore lascerà il suolo patrio per trasferirsi in Francia, dove acquisterà la cittadinanza nel 1975.

Negli anni successivi Kundera ha chiarito i suoi rapporti con il “comunismo”, ove evidentemente per “comunismo” si riferiva in particolare al “socialismo reale” e dunque alla concreta esperienza del suo paese. Kundera ci parla dunque del totalitarismo.

«L’ adesione al Comunismo non ha nulla a che vedere con Marx e con le sue teorie; il periodo storico ha semplicemente offerto alla gente l’ opportunità di soddisfare i più diversi bisogni psicologici: il bisogno di mostrarsi non conformisti; o il bisogno di ubbidire; o il bisogno di punire i malvagi; o il bisogno di rendersi utili; o il bisogno di procedere insieme ai giovani verso il futuro; o il bisogno di avere intorno a sé una grande famiglia… oggi la gente abbandona il Comunismo non perché le sue convinzioni siano cambiate o abbiano subito un duro colpo, ma perché il Comunismo non dà più l’ opportunità né di mostrarsi non conformista, né di ubbidire, né di punire i malvagi, né di rendersi utile, né di procedere insieme ai giovani, né di avere intorno a sé una grande famiglia. Il credo comunista, non risponde più ad alcun bisogno. È diventato a tal punto inutilizzabile che tutti lo abbandonano facilmente, senza neppure accorgersene».

Nel 1983, in una delle ultime interviste prima di tacere per sempre, Kundera individuò gli effetti del “comunismo sovietico” nella negazione della nazione attraverso l’epurazione dell’intellighenzia ceca. Gli ultimi quindici o vent’anni di Kundera sono stati un tempo del silenzio e della misantropia.

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